Considerazioni sul Dolore Cronico

Dr. F. Giubbolini psicoterapeuta a Siena • 17 ottobre 2018

Il dolore nelle sindromi psichiatriche

Un dolore cronico e persistente è uno dei sintomi più frequentemen­te riportati dai pazienti ed è anche uno dei più difficili sin­tomi da trattare a causa delle molte possibili cause e delle diverse risposte individuali al dolore.


Il dolore è condizionato da una miriade di fattori sogget­tivi, non valutabili, tra cui il grado di attenzione, lo stato emotivo, la personalità e le esperienze passate. Il dolore può contemporaneamente rappresentare un sintomo di malesse­re psichico e una difesa da esso .

I fattori psicologici posso­no indurre una persona a preoccuparsi del proprio corpo e a ingigantire anche le normali sensazioni al livello di un do­lore cronico.
Il dolore cronico può rappresentare una giu­stificazione per l'insuccesso nello stabilire delle relazioni con altri.
Legami culturali, etnici o religiosi possono in­fluenzare il grado e il modo con cui il paziente esprime il do­lore e le modalità con cui i familiari reagiscono ai sintomi.

Perciò, nella valutazione e nel trattamento del dolore croni­co , il medico dovrebbe avere ben presente che il dolore non è un semplice fenomeno stimolo-risposta. Piuttosto, la per­cezione di una reazione al dolore è multifattoriale, una com­binazione di molte variabili biopsicosociali.



Soglia e percezione del dolore


Le sensazioni periferiche sono trasmesse lungo le vie del do­lore fino alle regioni somatosensi­tive corticali del sistema nervoso centrale (SNC) per la per­cezione conscia.
La corteccia parietale ha sia la funzione di localizzazione del dolore sia di valutazione dell'intensità.

Tuttavia, il dolore psicogeno può essere interamente di ori­gine centrale.
Le reazioni più complesse al dolore coinvol­gono aree della corteccia responsabili della memoria ed ele­menti consci e inconsci della personalità del soggetto.

La soglia per la percezione del dolore è la stessa per la maggior parte delle persone, ma può essere innalzata da un atteggiamento emotivo positivo, dalla attività fisica, da un'immaginazione guidata, dalla suggestione ed anche dall'ipnosi; infine, dal placebo e dagli analgesici.

Talvol­ta erroneamente si ritiene che la risposta positiva al placebo differenzi le cause organiche da quelle funzionali. In realtà, circa un terzo delle persone normali con dolore da causa or­ganica ha almeno una risposta transitoria positiva al placebo.

Il DSM classifica il disturbo algico tra i disturbi soma­toformi .

Se un paziente ha dolori ricorrenti multipli da al­meno alcuni anni ed esorditi prima dei 30 anni, si fa diagnosi di disturbo di somatizzazione .

Se il dolore del paziente sug­gerisce una malattia fisica, ma può essere attribuito ai soli fattori psicologici, la diagnosi è di disturbo di conversione o di disturbo algico (se il dolore è l'unico sintomo).

I pazienti con disturbo di somatizzazione o disturbo depressivo mag­giore si lamentano di vari malesseri e dolori, ma il dolore non è il sintomo principale.
Nel disturbo di con­versione la distribuzione e le caratteristiche del dolore non sono costanti.



Per quanto riguarda la terapia, i pazienti con sindromi dolorose sono spesso trattati ina­deguatamente con analgesici a causa della scarsa cono­scenza sulla farmacologia degli analgesici, di una paura in­giustificata dell'assuefazione (anche in pazienti terminali) e del giudizio etico per cui solo i cattivi medici prescrivono dosi elevate di narcotici.

Il medico deve essere in grado di distinguere i pazienti con un dolore cronico benigno (che tendono ad avere un decorso molto favorevole con la psi­coterapia e gli psicofarmaci) da quelli con dolore cronico causato da altre patologie me­diche.



Dal punto di vista psicoterapico, è utile spiegare la natura del sintomo dolore, spiegare in modo realistico ciò che ci si deve aspettare per quanto riguarda il grado e il decorso del dolore.

Spiegare in modo realistico anche ciò che ci si può aspettare dagli analgesici e, per quanto possibile, inquadrare gli effetti collaterali in un contesto positivo.

Dare sollievo all'ansia concomitante, se necessario.

Negli incontri terapeutici, focalizzarsi sulle parti sane e cercare di non rinforzare l'ossessione del dolore .

psicologo siena
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